Frederik correva come un pazzo lungo la strada dissestata, rischiò
di cadere più di una volta, ma non demorse, doveva nascondersi prima che
arrivasse suo fratello Samuel. Tendergli delle trappole era il suo gioco
preferito da sempre e gli riuscivano benissimo; possedeva una dote naturale nel
cacciarsi nei guai e ne andava fiero.
Continuò a voltarsi durante la sua corsa forsennata, doveva essere certo di non
essere seguito. Il panettiere all'angolo della via gli intimò di rallentare, si
sarebbe rotto l'osso del collo se fosse caduto rovinosamente a terra a quella
velocità. Non gli diede ascolto, non dava mai retta a nessuno.
Vide un carro colmo di letame fermo lungo la via principale, pensò fosse
perfetto al suo scopo. Scivolò sui sassi prendendo la curva troppo in velocità,
si sbucciò un ginocchio, ma non aveva alcuna importanza. Si fermò accanto al
carro, guardò davanti a sé, Samuel non lo aveva ancora raggiunto. Diede
un'occhiata alla sua destra e poi a sinistra, nessuno lo stava osservando.
Sorrise tra sé e sé, compiaciuto, era piuttosto soddisfatto del suo piano, era
a dir poco geniale.
Si sdraiò sul terreno ciottoloso e rotolò sotto il carro; non doveva far altro
che aspettare il suo fratellino. Lento com'era, ci avrebbe messo parecchio a
percorrere quei pochi metri che li separavano.
Fissava la strada davanti a sé, pronto all'attacco, quando qualcuno lo
raggiunse sotto quel mezzo di legno. Si chiese chi fosse, certamente non era
Samuel.
Si voltò alla sua sinistra e incrociò gli occhi chiarissimi di una bambina,
aveva i capelli biondi, con due trecce sfatte che le ricadevano sulle spalle.
Era la prima volta che la vedeva e sperò fosse anche l'ultima, non voleva avere
niente a che fare con lei.
La fissò cupo, sperando che se ne andasse, ma non ebbe fortuna.
«Che cosa ci fai qui sotto?», chiese lei con curiosità.
«Non sono affari che ti riguardano.», grugnì Frederik, piuttosto infastidito da
quell'intrusione. Si sarebbe davvero infuriato se il piano fosse saltato a
causa sua.
«Vattene a casa, non è un posto adatto a una bambina.», proseguì con tono
autoritario.
Lei si finse offesa e con aria imbronciata esclamò: «Io non sono una bambina e
non mi muovo da qua!».
Intrecciò le mani sotto il mento e fissò la strada davanti a sé.
Frederik sbuffò e cominciò a borbottare sommessamente.
«Va bene, puoi restare, ma devi tenere la bocca chiusa.», bofonchiò.
Si era arreso troppo in fretta, ma era certo che lei non se ne sarebbe mai
andata e lui era già stanco della sua presenza.
La bambina sorrise soddisfatta e sigillò le sue labbra con una finta chiave che
lanciò lontano. Frederik scosse la testa, l'avrebbe volentieri cacciata da lì,
in modo poco elegante.
Si concentrò nuovamente sulla strada, suo fratello stava camminando lento nella
loro direzione. Aveva le gote arrossate e il fiato corto, non aveva la
resistenza di Frederik nella corsa. Samuel aveva otto anni, ma si comportava
responsabilmente come se fosse già adulto, secondo lui non sapeva divertirsi.
Era ancora un bambino, doveva godersi la vita, era fin troppo serio per i suoi
gusti. Proprio per quel motivo si divertiva molto a preparargli scherzi e
agguati sempre nuovi, finendo continuamente nei pasticci. I loro genitori si
erano rassegnati e trascorreva parecchio tempo in castigo chiuso nella sua
camera, costretto a leggere libri che non capiva. Riusciva a sgattaiolare dalla
finestra senza alcuna difficoltà e la cosa lo divertiva parecchio. Lì accanto
si trovava un alto albero, le cui fronde arrivavano a sfiorare il vetro, per
lui raggiungere quei rami era una passeggiata. Nessuno si era mai accorto delle
sue fughe, era un ragazzino furbo.
Samuel si trovava davanti a loro, doveva agire immediatamente. Gli afferrò
entrambe le caviglie, perse l'equilibrio e cadde all'indietro, in mezzo al
letame.
Frederik lo lasciò libero. Suo fratello piagnucolava, si rimise in piedi a
fatica e corse via in lacrime.
Non resistette, si girò sulla schiena e scoppiò a ridere, fino alle lacrime. La
ragazzina lo imitò e rise con lui.
«Come ti chiami?», gli chiese quando si calmarono.
Lui si asciugò gli occhi con una mano e rispose: «Mi chiamo Frederik e tu?».
«Matilda.».
Si strinsero la mano maldestramente.
Erano passati cinque anni dal giorno in cui aveva fatto la
conoscenza di quel ragazzino scapestrato. Era diventato un uomo nel frattempo,
gli era cresciuto un filo di barba scura in viso, i suoi muscoli si erano
gonfiati a vista d'occhio. Ne avevano passate tante insieme, si erano divertiti
tantissimo, erano diventati amici. Non potevano fare a meno l'uno dell'altra.
C'era solo un piccolissimo problema: lei si era innamorata di lui.
Non glielo disse, mai, non ne aveva il coraggio e aveva una paura folle di perderlo,
non poteva sopportarlo.
Quando però lo vide con quella Teresa, il suo mondo crollò in un attimo. Lui le
faceva una corte spudorata. Lei era bellissima, prosperosa, era una donna.
Matilda era solo una quindicenne non ancora sviluppata, non era ancora
diventata una donna, non la degnava di uno sguardo. Questo le distruggeva il
cuore, era insopportabile.
Provò a parlargli una sera, cercò di dissuaderlo, non voleva che lei potesse
avere l'uomo che amava.
«Ti prego Frederik. Lei non è adatta a te.», cominciò prendendogli la mano e
stringendola delicatamente nella sua.
«E tu come fai a saperlo?», chiese lui turbato.
«Lo so e basta, chiamalo istinto.», rispose lei portandosi l'altra mano alla
bocca.
Lo sentiva teso, ero un fascio di nervi e la sua espressione irritata fece
perdere un battito al suo cuore. I suoi occhi neri la stavano trapassando da
parte a parte, si divincolò dalla sua presa. Matilda sentiva le lacrime premere
per uscire, ma non voleva piangere davanti a lui. Non voleva sembrare debole e,
soprattutto, non voleva che Frederik potesse intuire i suoi veri sentimenti.
«Lei diventerà mia moglie e, se non ti va bene, noi due non abbiamo altro da
dirci.», tuonò lui con astio.
«Moglie?», ripeté lei in stato confusionale.
«Sei anche diventata sorda ora?», sputò sarcastico. «Sì, hai capito bene,
moglie. Fra due anni, quando raggiungerà la maggiore età, noi ci sposeremo.».
«Tu non la puoi sposare!», gridò in preda ai singhiozzi.
Aveva promesso a se stessa che non avrebbe pianto, ma non le importava più di
sembrare ridicola. L'amore della sua vita avrebbe sposato quella poco di buono,
e lei non poteva permetterlo.
«Chi sei tu per dirmi quello che devo o non devo fare?», sibilò a denti
stretti.
«Io... io...», le parole le morirono in gola, aveva un nodo proprio in quel
punto e nessun suono voleva più uscire. Solo le lacrime continuavano a rigarle
le guance, scendevano copiose, incontrollate, senza alcun ritegno.
«Io, io, non riesci a dire altro? Tu non c'entri niente in tutto questo. È la
mia vita e certamente non ho bisogno di te, ho già Teresa. Non farti più
vedere, sparisci dalla mia vita.», sputò con una cattiveria esagerata.
Matilda si portò entrambe le mani alla bocca, cercò di avvicinarsi a lui, ma
Frederik le voltò le spalle. Si rese conto in quel momento che l'aveva perso
per sempre. Scoppiò in un pianto disperato e corse via, lontano da quell'uomo
che aveva appena frantumato il suo cuore in un milione di piccolissimi
frammenti e li aveva calpestati uno a uno, senza pietà. Si chiuse nella sua
stanza e non uscì per giorni interi. Voleva farla finita, la sua vita non aveva
alcun senso senza Frederik.
Per anni l'aveva osservato di nascosto, seguito ogni suo movimento, era l'unico
modo per non impazzire. Non era di grande aiuto, spesso lo trovava con lei, in
atteggiamenti piuttosto intimi. In quei momenti scappava via, lontano da quelle
visioni che le laceravano ogni volta l'anima.
Trovava conforto solo in Samuel, era diventato il suo confidente, gli aveva
raccontato del suo amore per suo fratello. Lui non capiva perché continuasse a
farsi del male, correndo dietro a un uomo che probabilmente non la meritava.
Samuel non sapeva che cosa volesse dire amare qualcuno in modo così
totalizzante, non poteva comprenderla, ma nel suo piccolo avrebbe aiutato la
sua amica.
Non parlava con Matilda da molti mesi ormai, anni probabilmente,
aveva perso il conto. A volte gli mancava parlare con lei, ridere e scherzare
solo come con lei riusciva. Lei lo aveva sempre compreso meglio di chiunque
altro. Scacciò quel pensiero con un movimento brusco del capo.
Doveva pensare a Teresa e al loro imminente matrimonio, le avrebbe chiesto di
diventare sua moglie quella sera stessa, teneva l'anello nella tasca dei
pantaloni da giorni ormai.
L'immagine di una ragazzina bionda, dagli occhi color del ghiaccio, apparse
nuovamente nei suoi pensieri. Si schiaffeggiò il viso, ma continuava a vederla,
era irritante.
Cominciò a camminare avanti e indietro nella sua stanza, irrequieto.
Bussarono alla porta, non aveva voglia di vedere nessuno, ma la testa di suo
fratello fece capolino.
«Frederik, credo ci sia un problema nel granaio.», esordì senza nemmeno
entrare.
«Che genere di problema?», chiese spalancando completamente la porta con un
movimento brusco, rischiando di far cadere a terra Samuel che era in equilibrio
su una gamba sola.
«Ho sentito dei rumori, penso ci possano essere dei briganti. Non mi sono
arrischiato a entrare da solo.», gli spiegò.
Era il solito codardo. Decise di prendere lui in mano la situazione.
«Andiamo a controllare.», ordinò.
Lo afferrò per un braccio, lo trascinò giù per le scale, rischiando di farlo
inciampare sugli ultimi gradini. Samuel si lamentava per la sua irruenza, ma
non lo badò, aveva altro per la testa.
Una volta davanti al granaio, ghermì la pala che si trovava nascosta dietro la
siepe ed entrò di soppiatto. La porta si richiuse alle sue spalle, con un tonfo
che rimbombò in quello spazio enorme. Frederik imprecò poco elegantemente. Era
buio pesto e non riusciva a vedere a un palmo dal proprio naso.
All'improvviso una luce si avvicinò a lui, si tenne pronto a reagire, ma non
era un brigante quello davanti a lui, era Matilda. Mollò la presa da quell'arma
improvvisata che cadde rovinosamente a terra. Non capiva perché si trovassero
chiusi nel suo granaio e cominciò ad agitarsi visibilmente.
«Che cosa vuoi?», domandò seccato.
«Voglio essere amata da te, Frederik, non desidero altro.», rispose appendendo
la lampada alla parete e illuminando entrambi. «Non ho mai voluto altri che
te.».
L'uomo rimase di stucco a quelle parole. Aveva visto Matilda poche volte e
soltanto di sfuggita negli ultimi tempi, ora riusciva a guardarla davvero.
I suoi capelli erano diventati lunghi, le ricadevano soffici sulle spalle, il
suo viso non aveva più i lineamenti di una ragazzina, le sue labbra rosse
risaltavano sulla sua pelle chiara. Quello che lo colpì maggiormente era il suo
corpo: la ricordava longilinea, magrissima, una bambina. Era diventata una
donna, era sbocciata, il suo fisico si era ammorbidito rendendola desiderabile.
Si avvicinò a lui, lentamente. I suoi piedi sembravano ancorati al suolo, i
suoi muscoli non reagivano, deglutì a vuoto, una, due volte.
Il mondo si fermò appena le labbra di lei si posarono sulle sue. Capì in una
frazione di secondo che era lei, era sempre stata lei.
Le sue mani cercarono autonomamente i fianchi di Matilda e la attirarono a sé,
approfondì quel bacio casto con foga, un desiderio via via crescente
s’impadronì di lui.
«Matilda...», sussurrò a fior di labbra.
«Ti prego, giurami che non la sposerai.», mormorò lei guardandolo negli occhi.
Frederik non avrebbe mai potuto sposare Teresa, non più. Le sfiorò il viso con
le dita, stava tremando per l'emozione che lo aveva travolto.
«Non succederà mai, te lo giuro.», le promise e sigillò quel giuramento con un
bacio che significava tutto, tutto l'amore che provava per quella donna.
Matilda vacillò, l'irruenza di quel bacio le fece tremare le gambe. Si era
aggrappata saldamente alla camicia di Frederik e non lo avrebbe mai più
lasciato andare.
«Giurami che nessun uomo ti ha mai sfiorato.».
Frederik non avrebbe sopportato l'idea che un altro uomo avesse già assaporato
quelle labbra e avesse sfiorato quel corpo perfetto. Nessuno aveva il diritto
di toccare la sua Matilda.
«Mai nessuno. Aspettavo te, voglio essere sfiorata solo da te.», lo rassicurò.
Aveva evitato ogni contatto con l'altro sesso in quegli anni, solo Samuel aveva
avuto l'onore di far parte della sua vita ma come amico, niente di più. Voleva
rimanere illibata, per Frederik. Si sarebbe donata solo a lui, all'uomo che
amava più di ogni altra cosa al mondo.
Sussultò quando si ritrovò tra le sue forti braccia, la adagiò delicatamente
sulla paglia e si sistemò sopra di lei. La guardava come non aveva mai fatto
prima, le sue guance s’imporporarono per l'emozione, il cuore batteva
all'impazzata.
Le labbra di Frederik si stesero in un sorriso prima di posarsi nuovamente su
quelle di lei. Le assaporò lentamente, mordicchiandole di tanto in tanto,
mentre con una mano slacciava il vestito che copriva quelle curve desiderose
delle sue cure.
Matilda si sentiva accaldata, le dita del suo amato sfioravano lentamente la
sua gamba, man mano che saliva, spostava la stoffa, scoprendo la sua pelle.
Chiuse gli occhi non appena le labbra di Frederik scesero lungo il suo collo,
sentiva la sua lingua sfiorare lievemente la sua pelle, provocandogli dei
brividi lungo la schiena. Una strana sensazione nel basso ventre la pervase,
non sapeva che cosa fosse, ma era piacevole.
Frederik scese lentamente con le labbra, fino ad arrivare a quei seni tondi e
perfetti, li scoprì. Lambì dolcemente uno dei bottoni che svettava impaziente,
Matilda emise un mugolio di piacere.
«Dimmi che mi ami.», mugugnò lei mordendosi il labbro inferiore.
Le sensazioni che stava provando in quel momento erano indescrivibili, non si
era mai sentita in quel modo prima di allora.
«Ti amo, ti ho sempre amata, ora lo so.», confessò Frederik perdendosi in
quelle iridi così limpide.
Desiderava unirsi a lei, voleva che fosse sua per l'eternità, la sua Matilda.
Non voleva, però, forzarla.
Matilda sorrise, sorrise come non faceva da anni ormai. Lui la amava, era tutto
quello che aveva sempre desiderato. Lo afferrò per il bavero della camicia e
incatenò le sue labbra con le proprie. Si sfamarono l'uno dell'altra finché non
dovettero riprendere fiato.
«Fammi diventare una donna.», gli sussurrò all'orecchio.
Matilda si sentiva pronta, voleva donarsi all'uomo che amava e che ricambiava
il suo amore.
Frederik avrebbe fatto qualsiasi cosa perché fosse un momento indimenticabile
per entrambi. Lei gli sbottonò la camicia, scoprendo il suo petto ricoperto da
una rada peluria scura. Lo accarezzò con le dita, l'uomo gemette, quel tocco
delicato stava acuendo tutti i suoi sensi. Si mise in ginocchio, sollevò il
vestito di Matilda fino a sfilarlo dalla testa. Finalmente poteva sfiorare ogni
parte di quel suo corpo perfetto.
La ragazza si coprì pudicamente l'intimità con le mani, le sue guance divennero
rosse in un attimo, nessuno prima di allora l'aveva vista senza vestiti. Si
vergognava moltissimo e non lo nascose. Frederik allontanò le sue mani,
tenendole strette nelle proprie.
«Sei bellissima, non aver paura di mostrarmi la tua beltà.», le disse
sommessamente.
Matilda si sentì avvampare ancor di più, ora anche le estremità delle sue orecchie
erano in fiamme.
L'uomo si tolse la camicia, si mise in piedi e slacciò i pantaloni, lasciandoli
cadere sul terreno. Il desiderio per lei aumentava sempre più e non poteva
nasconderlo.
Lei non aveva mai visto un uomo completamente nudo e rimase estasiata dalla
bellezza dell'uomo che amava. Non aveva idea di come avrebbe dovuto
comportarsi, decise di lasciar fare tutto a lui.
Si adagiò su di lei dolcemente, le gambe di Matilda si allargarono senza alcuna
pressione, lei lo desiderava. Si scambiarono dei baci roventi, carichi di
passione, passione che raggiunse l'apice quando Frederik entrò in lei,
lentamente, gentilmente, per non farle sentire alcun dolore. Matilda lo accolse
con immenso desiderio, emettendo dei gemiti sommessi.
Il suo uomo si muoveva dolcemente dentro di lei, le sensazioni che stava
provando erano nuove, meravigliose, non voleva che tutto finisse. Un calore che
partiva dal basso la pervase completamente, un'esplosione di gioia, un piacere
mai provato in precedenza. Un attimo dopo, Frederik emise un gemito roco e si
lasciò cadere sopra di lei. Matilda lo strinse fra le proprie braccia, non si
era mai sentita così viva come in quell'istante.
Frederik non poteva credere quanto fosse meravigliosa la sua donna, era stato
un momento magico, carico di amore e passione. Matilda gli accarezzava
dolcemente la schiena, le sue labbra si posarono tra i suoi capelli,
regalandogli un bacio dolcissimo.
Si puntellò su un gomito per guardarla negli occhi, era di una bellezza unica,
il suo sorriso radioso gli scaldò il cuore.
«Ti amo.», mormorò a fior di labbra. «Ti amerò oltre il tempo e lo spazio, ti
amerò e mi prenderò cura di te sempre e per sempre, amore mio.».
Frederik si alzò all'improvviso, frugò nelle tasche dei pantaloni abbandonati a
terra e recuperò l'anello. Afferrò la mano tremante della donna meravigliosa
che aveva di fronte e lo infilò al suo anulare, era quello il suo posto.
Matilda sentiva gli occhi pizzicare per l'emozione, il suo viso si rigò di
calde lacrime, lacrime di gioia che non riusciva a trattenere. La dichiarazione
di Frederik le aveva riempito il cuore di una felicità estrema. Era certa che
lui avrebbe mantenuto quella promessa, il loro amore sarebbe stato
indissolubile.
Ciao cara Bijouttina, questa è la prima volta che leggo qualcosa di tuo.. dunque mi baserò su ciò che ho letto fino ad ora.
RispondiEliminaDunque, ho letto la tua presentazioni a lato del blog e trovo ammirevole che ci siano ancora al mondo persone che sperino e amino "il lieto fine", aimé (se per caso mi hai letto in giro o hai anche solo scorto la mia 'essenza') saprai che non è il mio caso. Ciò nonostante apprezzo molto la tua scrittura e il tuo modo di esprimere con tanta dolcezza sentimenti così profondi.
Riconosco che nella scena diciamo più "clù" dell'atto d'amore... magari c'è stato un momento di eccessiva astrazione, ma penso che tutto sommato sia stata giusta come decisione, non avendo così rovinato l'effetto "candore" che si era venuto a creare.
Detto ciò continua a scrivere, magari mi piacerebbe leggere delle tue piccole poesie (o riflessioni) sull'amore... poiché sono molto curiosa verso le persone che amano il "rosa" come te.
Un bacio da Amanda <3
Ciao Amanda.
RispondiEliminaGrazie mille per il tuo commento. Non sei la sola a non "amare" il lieto fine. Non lo so, forse sono io ad avere un animo un po' troppo romantico, non saprei. So solo che sto bene quando l'amore vince su tutto, è più forte di me.
Lo so, non sono entrata troppo nei dettagli nella scena d'amore... in qualche modo mi vergogno a descrivere certe scene e mi blocco.
Non ho mai scritto poesie, non so se ne sarei capace. Magari un giorno ci proverò, chissà :)
Grazie di <3
Un bacio Irene